Ecco
cosa succede quando il fascino universale dell'intrusione informatica seduce
al punto da spingere qualcuno a mutarne il senso creando una sua versione
"promozionale"
"Vi
prego, distruggete il mio server, saccheggiate il mio sito, devastate le
connessioni che mi tengono legato alla rete"
Un
appello masochista? Una forma di nichilismo on-line? Un'irrefrenabile voglia di
cybersuicidio?
Niente
di tutto ciò, questa è pura, semplice pubblicità!!...
Frasi
di questo genere, negli ultimi tempi, iniziano a rimbalzare da un angolo
all'altro di internet, condensando la crescente mania dell'Hacking-promozionale.
Un tempo, l'Hacker era colui che aveva il coraggio di compiere un
gesto di "rivolta", un atto di ribellione digitale pensato per mettere
in ridicolo i complessi sistemi informatici delle istituzioni più in vista e
dei colossi multinazionali più potenti. La dimostrazione voluta che, nel
mondo sempre più perfettodell'hi-tech, esuste pur sempre un punto
debole, un varco per superare ogni barriera di sicurezza.
Azioni
estreme - Personaggi leggendari
Appartengono
ormai al passato le imprese di personaggi, sospesi tra storia e leggenda, come Kevin
Mitnick (www.kevinmitnick.com/home.html).
Il "condor", divenuto un
simbolo dell'Hacking quando, nel '96, finì in carcere sepolto da una
montagna di capi d'accusa (per la cronaca, il tribunale di sorveglianza, agli
inizi della primavera, ha deciso che dovrà restare agli arresti
"solo" per un altro anno, ma i primi benefici sul regime carcerario
potrebbero scattare già dal prossimo inverno).
Più
recente e per certi versi più clamoroso quello del sito di Kipling (www.kipling.com)
azienda belga produttrice di borse ed affini che, per lanciare una nuova linea
di prodotti (chiamata non a caso Hacker), con prodotti dai nomi "internettosi"
del tipo: bookmark, spam, mailbomb, browser, download, ha sfidato la
comunità dell'Hacking internazionale al grido di "Crack the password!!".
Il tutto condito dalla promessa, fatta dai vertici dell'azienda di offrire ai
"vincitori" borse della serie Hacker.
^on
top
"Viola
il mio server se ci riesci!"
Una
borsa è un premio davvero di poco conto se raffrontato alle 10.000 corone
svedesi (quasi 3 milioni di lire) offerte, qualche tempo fa, a chi fosse
riuscito a violare un Web server Mac, modificando i contenuti dell'home page.
"Crack a Mac" era il nome dell'iniziativa lanciata da un'azienda
svedese, vicina alla filiale scandinava della casa di Cupertino, per dimostrare
quanto fossero sicuri i server con la mela iridiata. La notizia della sfida fu
lanciata da Kipling si è subito
diffusa anche attraverso Slashdot (slashdot.org)
sito per nerd informatici solleticando non pochi Hackers.
Wired
News (www.wired.com) la versione
elettronica della "bibbia digitale" ha parlato di una storia di
"frustrazione da insuccesso" che si sarebbe diffusa tra gli hackers.
(?)
^on
top
Delusi
e frustrati dal fallimento dell'Hack?
Un'interpretazione
subito bollata dai frequentatori di Slashdot come esempio di pessimo
giornalismo. Sembrava tuttavia che il senso di delusione sia davvero cresciuto
fra gli hackers in seguito a una serie di incursioni andate a vuoto e all'altra
provocazione messa in atto dall'azienda: Kipling per aiutare gli
hacker meno esperti (o quelli in difficoltà...) ha disseminato alcune tracce
della password alfanumerica nel Web del suo punto vendita, caricandole a
rotazione sul sito, più o meno come fanno certi programmi radio e tv per per
garantirsi la fedeltà degli spettatori. A rimettere a posto le cose ci ha
pensato l'anonimo pirata dal nome di battaglia "Mooby" che è
riuscito ad entrare nel sito, mettere il sistema ko e sostituire la home page
ufficiale con una creata per l'occasione: "Sorry, we've been hacked... Site
under reconstruction" con tanto di croce rossa. Mooby definisce la
sua impresa come uno sforzo costato: "Un'intera settimana di tempo, un
sacco di sigarette e molto sonno perduto". Per la verità c'è voluto anche
qualcosa in più, visto che Mooby ha messo in piedi un intero team di pirati (Icefox,
nycBilly, Vertigo, Soldier...) per moltiplicare la potenza di calcolo necessaria
a far girare un programma "cerca-password" appositamente scritto in C++.
Per fortuna, gli è bastato poco per capire che l'impresa avrebbe richiesto non
un battaglione ma un esercito di computer. Ecco allora che il nostro eroe è
tornato ai metodi "tradizionali", trovando (senza rivelare come...) il
codice a 16 cifre.
Un
codice - pare - molto simile al serial code della borsa mailbomb.
La stessa borsa che Mooby spera di ricevere, come promesso dalla Kipling (che
intanto ha messo a riposo il suo sito lasciando on-line solo una pagina-form per
iscriversi alla newsletter della ditta).
^on
top
Mobilitazione
Generale
Forse
perchè stanco e innervosito dalla vana attesa di ricevere l'agognato premio o,
più probabilmente, per ricambiare lo scherzetto all'azienda belga, l'anonimo
hacker ha pensato bene di distribuire la password ad altri 99 suoi
"colleghi", che attenderanno assieme a lui l'arrivo della borsa-premio
da parte dell'azienda.
Ma
a tenere alta la bandiera del Cracking "duro e puro", proprio nei
giorni in cui Kipling.com capitolava, ci ha pensato un gruppo di attivisti russi
anti-Nato. Sono loro che hanno rivendicato la domenica nera della Casa Bianca
(www.whitehouse.org) tappa
imperdibile dell'internet-tour per famiglie. Il 28 marzo 1999 il sito è
rimasto inaccessibile per diverse ore, lo stop più grave che si sia mai
registrato da quando il presidente degli Stati Uniti è sul Web.
Pare
che la vicenda del sito istituzionale americano sia avvenuta in contemporanea
con un'altra seria di crack-attack, tutti condotti in diverse parti del
mondo e consistenti nella sostituzione delle home page dei siti sottoposti agli
attacchi con pagine di protesta contro la Nato e contro i bombardamenti in
Serbia. Nel sito della Casa Bianca in realtà non è avvenuta sostituzione
alcuna, lasciando l'episodio nel mistero e consentendo alle fonti della White
House di attribuire lo stop a un problema Hardware, smentendo così seccamente
la notizia rimbalzata dalla Russia.
Assalto
riuscito o banale black-out di sistema, sfruttato al volo da un gruppo di
Crackers molto abili a far colpo sui media? Difficile da dirsi. A farci
capire che forse l'epoca "storica" del cracking sta per finire
ci si è messa anche anche l'IDC, la società di analisi e consulenza che ha
scoperto, al termine della sua ultima ricerca, che forse sono gli impiegati
delusi e insoddisfatti i crackers del fututro. secondo le ultime stime
della società il 70% degli attacchi via Rete che le aziende subiscono ogni anno
sarebbero messi in atto dall'interno e non da pirati o spie industriali. In un
contesto in cui regnano forme di omertà diffusa in cui, secondo dati diffusi
dall'FBI, viene denunciato solo il 3% dei crack-attack subiti dalle
aziende stesse.
^on
top
Verso
la fine dell'età delle intrusioni?
In
sintesi il quadro fin qui delineato assomiglia né più né meno a un doppio
addio, a "Condor" e all'epica era del cracking. I cybercrimnali
del futuro avranno il fisico segnato dalla scrivania e la serenità di chi può
contare su una paga sicura a fine mese. E in contrapposizione a tanti fan delusi
dal tramonto del "mito-cracking" c'è invece chi se la ride: Per
esempio RTMARK (www.rtmark.com)
il gruppo che invita al sabotaggio e alla rivolta proprio i dipendenti delle
grandi aziende, trasformati in protagonisti della "rivoluzione
anti-corporate" (per chi volesse aderirvi è appena partita la loro
campagna 2000).
Insomma
tra impiegati ribelli e aziende che sfruttano la (ex) ribellione per farsi
pubblicità, l'unica certezza è che il tempo di Internet sta cambiando anche
nelle forme dell' Hacking - Cracking alle quali ci si era in qualche modo
abituati. Sembra di capire che nemmeno le "avanguardie" nel
cyberspazio possono dormire sonni tranquilli, al riparo da "inquietudini da
cambiamento".
Se
la cosa ti interessa continuerò ad inserire servizi su argomenti simili in
questa web-page. Contattami
e fammi sapere che ne pensi...
Al
prossimo Updates...
JVAN
^on
top
Ricerca
su ASTALAVISTA
|